Può riuscire un test a valutare almeno approssimativamente la personalità? (di Luigi Anepeta)

Non ho mai dato alcuna importanza ai test, se non altro perché uno dei primi messi a punto nell’800 (da Binet) è stato quello sull’intelligenza, che ha fatto una marea di danni.

I test la psicologia li ha prodotti per accreditarsi come una scienza (che non esiste se non misura qualcosa). Ne ha prodotti essenzialmente di due generi: quelli attitudinali e quelli inerenti la personalità nel suo complesso.

I primi rivelano la tendenza della psicologia a trasformarsi in psicotecnica, con il chiaro proposito di adattare l’uomo al sistema o di capire come le sue facoltà possano essere meglio utilizzate (sfruttate).

I secondi sono ambiziosi. Ma intanto c’è da dire che essi non aggiungono nulla al profilo di una personalità che un soggetto intuitivo o versato non possa capire attraverso un colloquio di un’oretta. In secondo luogo, i dati che offrono (compresi quelli proiettivi come il famigerato Rorschach) non parlano da soli, vanno interpretati e, dato che le scuole e le correnti in psicologia sono molteplici, le interpretazioni possono essere molto eterogenee.

E allora – mi chiederai – perché inserire un test nel libro e sul sito?

Perché se ne radiografare una personalità a tutto tondo i test sono poco utili o arbitrari, altro è il discorso da fare per tratti di carattere (introversione/estroversione) riconducibili ad un fattore genetico. L’utilità, in questo caso, sta nel confermare che esistono realmente due diversi modi di essere e che essi determinano, in qualche misura, vissuti e comportamenti costanti (e dunque stereo-tipici). Non di poco conto è anche il problema della quantificazione della distribuzione nella popolazione di questi modi di essere. Nessuno sinora lo ha fatto.

Sono perfettamente d’accordo che ogni personalità è unica e irripetibile, ed è un insieme indefinito di tratti, orientamenti, modi di pensare e di sentire. Dato il potenziale di individuazione che la caratterizza, se ciò è vero per tutti gli esseri umani, lo è massimamente per gli introversi, che hanno personalità di solito altamente differenziate. L’estrema diversità, però, coincide con un sentire primario comune e, nel nostro mondo, con difficoltà comuni e ricorrenti (per esempio la solitudine, di cui si parla tanto nel forum).

La LIDI dovrebbe servire a promuovere la coltivazione della diversità intrinseca al modo di essere introverso e la diversità nella diversità dei vari soggetti introversi. In questa ottica il test ha un’importanza del tutto relativa.

Luigi Anepeta

Open parent cardset ("Introversione, essere introverso")